RiseUp4Rojava valuta l’attuale situazione politico-militare, 1° Dicembre 2020

RiseUp4Rojava valuta l’attuale situazione politico-militare, 1° Dicembre 2020

La campagna internazionale RiseUp4Rojava ha pubblicato una valutazione sull’attuale situazione politica e militare nel nord-est della Siria.

Nelle ultime settimane e mesi, si è assistito a un rapido aumento degli attacchi condotti dalle forze d’occupazione turche fasciste alle aree liberate della Siria nordorientale. Spaziando da Afrin e le aree di Sehba dove si oppone resistenza al fronte di Manbij e Ayn Issa, a Til Temir e fino a Dêrik nel nord-est, l’esercito d’occupazione turco e le sue truppe ausiliarie islamiste hanno intensificato gli attacchi contro la popolazione civile e le sue forze di difesa rivoluzionarie.

Quasi quotidianamente il fuoco dell’artiglieria turca colpisce le aree liberate di Afrin e Şehba, divenute rifugio per centinaia di migliaia di profughi dai territori occupati del cantone di Afrin, e la paura e il terrore continuano ad affliggere le aree sotto il controllo delle forze d’occupazione. Non passa giorno senza segnalazioni di ulteriori rapimenti e omicidi; rapine, saccheggi, estorsioni e stupri non sono eccezioni, ma il cardine del regime d’occupazione islamista. Basandosi sulla ben nota Dottrina anti-insurrezionale della NATO, gli occupanti fascisti rispondono a ogni azione partigiana delle Forze di liberazione di Afrin, HRE, praticando puro terrore contro la popolazione civile e compiendo bombardamenti per ore su villaggi e cittadine autogestite.

Più a est, sul fronte di Manbij, si sono pure significativamente moltiplicati gli attacchi, soprattutto negli ultimi giorni e settimane. Specialmente dopo il tramonto sono ripetuti gli attacchi, principalmente con l’artiglieria, ma talvolta con armi leggere in combattimento diretto. Sul fronte di Til Temir e vicino alla città di Serê Kaniyê, occupata lo scorso ottobre, domina un’ingannevole tranquillità, salvo alcuni attacchi isolati e ripetuti scontri tra bande. Sebbene i combattimenti attivi siano attualmente concentrati in altre aree, le forze d’occupazione hanno mobilitato nuove truppe per rafforzare i loro fronti e hanno iniziato ad espandere le loro fortificazioni. L’area a est di Qamişlo, fino alla città di Dêrik, ha assistito negli ultimi mesi allo svolgersi di un’attività senza precedenti in termini di droni turchi da ricognizione e da combattimento.

I collaboratori del KDP curdo meridionale continuano le loro azioni provocatorie lungo il confine siriano-iracheno e procedono continuamente a spostare truppe e armi pesanti nelle loro oltre 40 basi militari di nuova costituzione sul confine con il Rojava.

I movimenti dell’esercito d’occupazione turco possono essere notati anche nel Kurdistan settentrionale occupato, e sia unità turche regolari, sia mercenari e bande islamiste stanno prendendo posizione nel triangolo di confine Iraq-Turchia-Siria. Non è chiaro se le truppe siano radunate per un’espansione delle operazioni d’occupazione nel Kurdistan meridionale, o in preparazione di un attacco alle città confinanti a est di Qamişlo.

Preparativi sono in pieno svolgimento su tutti i fronti nel nord della Siria, non lasciando dubbi sulle intenzioni di guerra delle forze d’occupazione. Soprattutto da ottobre si registra una maggiore attività delle truppe nemiche, principalmente sui tratti di fronte vicino alla città occupata di Girê Spî. I dintorni e il centro della città Ayn Issa al fronte, a nord di Raqqa, è da giorni sotto continui bombardamenti da parte dell’artiglieria turca e truppe infiltrate di bande islamiche comandate da esperti veterani dello Stato islamico sta cercando sul campo di sfondare le linee di difesa e di avanzare nel centro della città. Droni turchi e aerei da ricognizione sorvolano senza sosta le zone di combattimento e cercano di localizzare le posizioni della resistenza. Gli invasori turchi stanno raccogliendo obici, lanciarazzi e altre armi pesanti nei villaggi appena dietro la linea del fronte, e mercenari islamisti dell’autoproclamato Esercito Nazionale Siriano si stanno riunendo in preparazione di nuovi attacchi nel nord della città di Ayn Issa, capitale ufficiale dell’Autonoma Autoamministrazione della Siria settentrionale e orientale. In considerazione dei preparativi e dei lavori di fortificazione in corso da mesi nei territori occupati, della rinnovata alta concentrazione di truppe lungo le linee di contatto e di bombardamenti indiscriminati delle aree di insediamento civile, si deve presumere che Ayn Issa diventerà l’obiettivo di un altro attacco d’occupazione nel prossimo futuro, come ha avvertito il comando generale delle Forze Democratiche Siriane, QSD, nella sua ultima dichiarazione su quanto avviene a nord di Raqqa. Con devastanti attentati terroristici e attacchi permanenti contro i civili nei dintorni della città e dell’autostrada internazionale M4, i fascisti turchi e i loro collaboratori cercano di spezzare la volontà di resistenza del popolo di Ayn Issa, di spaventare il popolo e costringerlo a fuggire. La scorsa settimana, l’ultimo attacco più grande delle truppe d’occupazione è fallito a causa della resistenza dei difensori di Ayn Issa. Nelle battaglie scoppiate la notte del 24 novembre, protrattesi fino alla sera del giorno successivo, le forze della rivoluzione sono riuscite almeno ad uccidere 18 occupanti. L’avanzata è stata interrotta, lasciando agli aggressori nient’altra scelta che ritirarsi dietro le loro linee del fronte. Ricorrendo a diverse migliaia di mortai, proiettili di artiglieria e razzi sparati solo negli ultimi giorni, l’obiettivo è stato quello d’indebolire la resistenza delle Forze Democratiche Siriane, demoralizzare la resistenza dei combattenti e della popolazione, quindi facilitare un nuovo attacco.

Dati l’attuale situazione di guerra e gli attacchi che crescono ogni giorno, non potrebbe essere più cinico parlare di un cessate il fuoco intatto. Mentre le bombe piovono tutti i giorni sulle aree liberate e i fascisti turchi stanno solo aspettando un’opportunità favorevole per un altro attacco su larga scala contro la rivoluzione, le cosiddette “potenze garanti” imperialiste stanno a guardare e legittimano nient’altro che la politica d’occupazione turca, diffondendo menzogne sull’elogiato cessate il fuoco. Questa orchestrazione intrisa di sangue non ha mai avuto altro scopo che quello di scolpire nella pietra lo status dei territori occupati e consolidare la sovranità turca sulle zone rubate in Siria.

Contrariamente a quanto molti hanno ampiamente ipotizzato, l’aumento degli attacchi turchi non dipende in modo significativo dall’esito delle elezioni USA, ma può essere spiegato principalmente da sviluppi regionali, equilibrio di potere nuovamente emergente, situazione politica interna della Turchia e situazione del regime. Dopo che il presidente armeno, Pashinyan, dietro pressione del regime russo e a fronte della situazione devastante sul campo di battaglia, il 10 novembre ha annunciato la resa de facto di tutte le forze armene in Nagorno-Karabakh, gli scontri armati tra le forze d’occupazione turco-azere e l’esercito di difesa di Artsakh sono finiti bruscamente. Dopo oltre 40 giorni di aspri combattimenti, i difensori armeni hanno dovuto inchinarsi alla superiorità della coalizione d’occupazione turco-azera. Anche se le forze armate turche non hanno svolto ufficialmente alcun ruolo sul campo di battaglia ed entrambi gli Stati hanno negato con veemenza un intervento turco, è indubbio che la forza e il cervello fondamentali, retrostanti l’offensiva azera non era altro che lo stesso regime AKP-MHP. Fin dal primo giorno, i rappresentanti del regime di palazzo non hanno perso occasione per esprimere il loro sostegno al dittatore Aliyev e al suo regime criminale, e il ministero della Difesa turco ha riferito quotidianamente sull’avanzata delle truppe azere. Parlando di truppe azere, si è fatto riferimento apertamente ai “nostri soldati turchi”, arrivando addirittura a parlare di “nostri cittadini” nel denunciare le perdite di civili sul fronte azero. Lo slogan “due Stati, una nazione” ha riempito le strade di Azerbaigian e Turchia e le truppe azere hanno dichiaratamente marciato sul campo con la bandiera della repubblica turca. I canali televisivi della propaganda di regime turca hanno riportato ogni minuto i successi dei “fratelli turchi azeri” nella “difesa della patria”, e le foto di soldati che salutavano il cameraman con il ‘saluto del lupo’, segno distintivo di fascisti turchi, sono scorse sugli schermi.

Per il regime AKP-MHP, precedentemente affidatosi sempre più alla propaganda neo-ottomana per le sue ambizioni espansionistiche in Siria, Iraq, Libia e altre aree del Medio Oriente, la guerra contro la Repubblica di Artsakh è un vero e proprio banco di prova per il “turanismo”, ovvero il nome attribuito alla fantasia della superpotenza panturca intesa a creare un impero mitologico che unisca tutti i popoli turchi dall’Asia centrale al Medio Oriente sotto un unico Stato. Questa ideologia fascista, basata sulla superiorità della razza turca, non solo è stata seguita dai cervelloni dello Stato nazionale turco, i leader del Comitato di Unione e Progresso (Ittihad ve Terraki), ma è anche ufficiale ideologia del partito di regime turco MHP. Il “turanismo” è diffuso anche tra i sostenitori del regime azero. Se si dà un’occhiata alla mappa, si noterà presto che l’eliminazione dell’autonomia armena rappresenta un passo decisivo verso l’unificazione territoriale di entrambi gli Stati turchi. Il fattore decisivo che ha reso la guerra a favore delle forze della coalizione turaniana è stato anche il supporto aereo turco nel Nagorno-Karabakh. Per le unità armene, la morte è venuta dall’alto. Le truppe armene hanno subito le maggiori perdite per gli attacchi con droni turchi Bayraktar TB 2. Inoltre, le truppe turco-azere sono state appoggiate sul campo da numerosi mercenari islamisti trasferiti dal regime turco dai territori occupati in Siria e Libia, come carne da macello, sui fronti del Nagorno-Karabakh.

Dopo il ritiro delle truppe armene, l’esodo in massa della popolazione armena di Artsakh e la cessione di territori alle forze d’occupazione azere sotto la supervisione russa, non è ancora chiaro se e in quale forma l’esercito turco avrà una presenza ufficiale nei territori occupati, ma l’esito della guerra è una vittoria per il fascismo turco e un regalo al regime. Con o senza una presenza ufficiale: l’esercito turco e i servizi segreti sono attivi sul campo e hanno coordinato intensamente gli eventi di guerra, migliaia di bande assassine islamiste garantiscono influenza e controllo per il regime e il piano inteso ad aprire un corridoio tra Turchia, regione autonoma azera di Nakhivan e Azerbaigian derivante dall’accordo, sono grandi passi avanti nel progetto di espansione strategica del fascismo turco. Il regime, che avvelena la testa e il cuore del popolo con la sua propaganda fascista, è riuscito a stabilizzare la propria posizione in patria mobilitando sul “turanismo”, ed Erdogan si è celebrato come “Conquistatore del Karabakh”. La guerra in Nagorno-Karabakh dovrebbe aver chiarito una volta per tutte a tutti che il regime di Ankara non è interessato a mettere in sicurezza i propri confini o combattere il terrorismo, ma solo a realizzare il proprio progetto di superpotenza espansionista.

Coloro che ancora sostengono che l’unica ragione delle operazioni d’occupazione turche in Siria settentrionale e in Iraq settentrionale è la presunta o effettiva presenza di forze del Partito dei lavoratori del Kurdistan e di altre forze rivoluzionarie adottano ciecamente la narrativa turca e legittimano le politiche d’occupazione del regime. Questo è quanto fatto soprattutto dalle forze del KDP nel sud Kurdistan, che collaborano con il fascismo, invitando le forze di difesa popolare del Kurdistan e non gli occupanti turchi a ritirarsi dal Kurdistan meridionale. Gli ultimi mesi, in particolare, hanno mostrato un’ulteriore intensificazione dello scontro tra forze rivoluzionarie e fascisti nel Kurdistan meridionale. Unità del cosiddetto “Partito Democratico del Kurdistan”, KDP, che governa dittatorialmente e con pugno di ferro le aree autonome del Kurdistan meridionale sotto la direzione della famiglia Barzani, ha spostato ininterrottamente truppe e armi pesanti nelle zone di ritiro della guerriglia in montagna. Il KDP di Barzani, che lascia il proprio popolo in povertà mentre vende le ricchezze del Paese agli occupanti turchi, non fa mistero della sua aperta collaborazione con il regime fascista e si prepara in termini di propaganda oltre che militarmente a combattere a fianco degli occupanti contro le forze del movimento per la libertà.

I guerriglieri, che nel 2014 hanno difeso con grandi sacrifici le regioni autonome del Kurdistan meridionale contro l’avanzata dello Stato islamico a Mexmur, Kerkuk, davanti a Hewler e Şengal, sono accusati di mettere in discussione la sovranità della regione autonoma e denigrati come “occupanti”, mentre la famiglia Barzani è accolta ad Ankara splendidamente. Mentre la lotta guerrigliera contro gli occupanti continua in molte zone del Kurdistan meridionale, da Heftanin a Xakurke, le truppe del KDP avanzano nelle aree della guerriglia in coordinamento con la leadership dell’esercito turco e appoggiate dall’aviazione turca. Hanno creato basi e posti di controllo per limitare la libertà di movimento delle unità guerrigliere e fornire ai servizi segreti turchi coordinate e informazioni sulle posizioni della guerriglia. Nonostante tutti gli appelli e le richieste di mediazione di varie forze politiche curde, il KDP continua la sua politica aggressiva e provocatoria, schierandosi nettamente a fianco delle forze d’occupazione. È solo grazie all’approccio premuroso e orientato alla soluzione del PKK se finora non si è verificata alcuna grave escalation, ma la situazione è tesa e potrebbe trasformarsi in un conflitto armato in qualsiasi momento. È già evidente che le misure contro la guerriglia mirano solo ad indebolire la resistenza e ad aprire la strada all’esercito turco per penetrare in altre aree del Kurdistan meridionale.

La situazione nelle aree autogestite di Şengal deve essere valutata come altrettanto critica. Là, il 27 novembre l’esercito iracheno, il KDP e i suoi alleati hanno iniziato ad attuare l’accordo tra Hewler e Baghdad stipulato il 9 ottobre 2020. L’accordo mira a ‘ripulire’ Şengal dalla presenza di tutte le milizie – da che si intendono le forze di autodifesa yazide, YBŞ, e le forze femminili YJÊ, così come i gruppi delle cosiddette forze di mobilitazione popolare, e per insediare una forza mercenaria pagata e un regime fantoccio in sostituzione del Consiglio autonomo democratico di Şengal. I difensori del popolo yazide e i liberatori di Şengal dovrebbero ancora una volta cedere il passo alle truppe che nel 2014 hanno pugnalato alla schiena il popolo di Şengal, lasciandolo indifeso alle bande di assassini dello Stato islamico. L’accordo, in cui la Turchia è anche attivamente coinvolta dietro le quinte, è stato sviluppato nei mesi estivi con gli auspici e la mediazione degli imperialisti USA, che sperano di vedere nella distruzione del potere popolare di Şengal un progetto per un’alleanza tra il fascismo turco, il Governo centrale iracheno e KDP per una lotta congiunta contro il movimento di libertà in altre parti dell’Iraq. Per mettere in pratica il piano, le fazioni irachene hanno mobilitato oltre 10.000 soldati dell’esercito e della polizia federale e intendono avviare nei prossimi giorni lo scioglimento dell’autogestione, cominciando con l’ammaino delle bandiere dell’autoamministrazione e il disarmo pianificato delle forze d’autodifesa. Il popolo di Şengal e le sue strutture di autogoverno hanno annunciato una determinata resistenza a qualsiasi misura che ignori e calpesti la volontà del popolo yazida. Per sei anni, gli yazidi hanno vissuto fra e intorno alle montagne di Şengal con la propria autogestione democratica, hanno imparato a difendersi e hanno creato il proprio esercito di difesa. Sebbene l’ulteriore corso della situazione rimanga aperto, una cosa è chiarissima: nessun potere al mondo può semplicemente cancellare l’esperienza di libertà degli ultimi 6 anni e ridurla a niente. Chiunque cerchi di infrangere la volontà del popolo di Êzidxan deve aspettarsi resistenza

Gli eventi fra le montagne di Şengal, le montagne del Kurdistan meridionale e anche in Rojava formano un’unità. Rientrano in uno stesso concetto di annientamento contro la rivoluzione in tutte e quattro le parti del Kurdistan e del Medio Oriente, e come tali devono essere affrontati. Mentre ci scontriamo con lo Stato turco e i suoi alleati sul campo di battaglia come diretti avversari, anzitutto gli imperialisti USA, la NATO e il regime russo sono e rimangono gli architetti e le forze guida dietro piani sporchi, accordi e cospirazioni contro il movimento rivoluzionario. Stanno usando lo Stato turco e altre forze collaboratrici come leva per ricattare la rivoluzione del Rojava e della Siria nord-orientale. La minaccia di un’altra invasione turca, che come la spada di Damocle è sempre sospesa sulle teste del popolo della Siria nord-orientale, è progettata per mettere in ginocchio la volontà indipendente dell’autogestione e rendere la rivoluzione al servizio degli interessi dell’imperialismo. Il fascismo turco è il martello con cui cercano di schiacciare la rivoluzione, ma le mani che guidano il suo destino sono da trovare altrove.

È stato il concetto degli USA dall’estate del 2015, vale a dire aumentare al massimo la pressione sul movimento rivoluzionario in Nord Kurdistan e Nord Iraq settentrionale, indebolire la rivoluzione come fattore regionale e quindi mettere all’angolo l’autogestione del Rojava. Nei negoziati sponsorizzati dagli Stati Uniti per un fronte unito curdo nella Siria settentrionale tra l’alleanza di partito PYNK (Partiti per l’unità nazionale curda) a sostegno dell’autogoverno in Siria nord-orientale, e il ramo siriano del KDP, ENKS (Consiglio nazionale curdo in Siria), le trattative sono state recentemente sospese a tempo indeterminato. Questo dopo che la delegazione ENKS, che sin dai primi giorni non ha nascosto la sua aperta ostilità alla rivoluzione sociale del Rojava, ha chiesto, tra l’altro, lo scioglimento della presidenza collettiva di donne e uomini, l’abolizione dell’istruzione scolastica con lingua madre a favore del curriculum di regime siriano nonché il trasferimento del 50% di potere governativo dalle mani del popolo alla propria organizzazione.

Gli USA hanno cercato a lungo di mettere i loro favoriti, ENKS, in una posizione di forza, e vorrebbero instaurare un regime collaborativo sulla falsariga della regione indipendente del Kurdistan in Nord Iraq al posto del potere popolare della Siria settentrionale e orientale. Naturalmente, nessuna di queste condizioni che costituirebbero una resa dei principali risultati della rivoluzione, è accettabile in qualsiasi forma. Ciò per cui si è combattuto con il sangue di oltre 11.000 giovani donne e uomini eroici non è in vendita. Gli sviluppi in Iraq, ma anche gli attacchi intensificati alla Siria nordorientale, vanno intesi soprattutto come una minaccia contro le forze rivoluzionarie in Siria. Il messaggio è chiaro, o si inchinano alla volontà dell’imperialismo, o lasceranno che il loro segugio, il fascismo turco, si tolga il guinzaglio. Nascosto dietro allo spettacolo politico e alla diplomazia delle bugie e dell’inganno, il popolo della Siria nordorientale è costretto a scegliere: resa o annientamento.

Pertanto, è necessario rispondere in termini uguali a ogni attacco contro la rivoluzione, sia nel nord della Siria, che sulle montagne del Kurdistan, o nelle aree autogestite di Şengal. Chiunque tenti di guardare la situazione nel nord della Siria separatamente dall’intero concetto d’annientamento contro le forze rivoluzionarie, rende il miglior servizio al nemico, anche se non intenzionalmente. Allo stesso modo, sperare in una soluzione politica o diplomatica nelle circostanze date significa cadere in uno dei loro tanti inganni e bugie. Finché il fascismo turco non sarà schiacciato e i popoli non avranno posto fine alla loro follia, la guerra contro la rivoluzione continuerà in tutta asprezza. La politica di pacificazione degli Stati occidentali contro il fascismo turco ha aperto la strada, rendendo l’imperialismo turco un forte fattore di potere regionale. Coloro che credono che l’insaziabile bisogno d’espansione dell’imperialismo turco sia già stato saziato si sbagliano di grosso. Solo la lotta rivoluzionaria dei popoli della regione insieme a un movimento di resistenza globale organizzato, unito in un fronte contro il fascismo, potrà fermarlo.

In occasione dei suoi 42 anni di esistenza e lotta, nell’anniversario della fondazione del partito, il 27 novembre, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan ha espresso la sua determinazione a coronare il 43° anno di lotta schiacciando il regime AKP-MHP. Anche noi ci congratuliamo con il PKK, la forza trainante più determinata della lotta rivoluzionaria regionale, e tutte le persone progressiste del mondo nel 42° anniversario della sua fondazione e, come parte del movimento di resistenza globale contro il fascismo turco, dichiariamo che agiremo da parte nostra per annientare questo regime barbaro.

Il fascismo sarà distrutto: la rivoluzione in Medio Oriente vincerà!

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